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Vicolo Della Forgia

VICOLO DELLA FORGIA

Questo vicolo faceva parte del primo nucleo abitativo del Borgo formato da soli vicoli col tunnel a forma di arco.

         Esso si presenta con un arco su cui è collocata parte dellabitazione attigua. È molto suggestivo in quanto fa da cornice ad uno spettacolare panorama che pare disperdersi nel mare. Oltre l’arco c’è uno spiazzo che veniva utilizzato per varie attività artigianali quali quella del maniscalco e del fabbro ferraio. Quest’ultima si desume anche dall’intestazione del vicolo stesso.

La forgia era un attrezzo molto utile per i fabbri perché tramite un fornello acceso sul suo ripiano si surriscaldava il pezzo di ferro da lavorare per renderlo più malleabile.

In questo vicolo, infatti, esisteva lofficina di Goffredo Cimini. Nel suo cortile era impiantata una robusta armatura in legno massiccio che aveva la forma di una grande gabbia utilizzata per imprigionare e immobilizzare gli animali da ferrare, principalmente buoi e cavalli.

Questi animali venivano utilizzati per il traino di carri e di carrozze adibiti al trasporto di merci e persone. Questa piccola officina ha svolto un compito importante per il nostro paese e per quelli limitrofi in un periodo in cui le macchine e i camion erano molto rari e i trasporti avvenivano quasi totalmente a trazione animale.

Cimini era l’unico maniscalco esistente nel nostro territorio.

Alternava queste attività con quella di idraulico fontaniere comunale addetto alla manutenzione di tutta la rete idrica e alla lettura dei contatori nelle abitazioni private.

Con la diffusione delle macchine a motore l’utilizzo dei cavalli per uso lavorativo è andato pian piano scomparendo e con esso si è ridotta anche questa attività.

Suo padre Tito era un reduce della Prima Guerra Mondiale con mansioni di telegrafista. Aveva il compito di trasmettere notizie delle operazioni di guerra al comando militare e il difficile compito di guidare al fronte gli inesperti e giovani “ragazzi del ‘99”. Così furono definiti gli ultimi soldati arruolati nell’esercito italiano nel momento in cui la guerra si faceva più dura e cruenta. Questi ragazzi si comportarono molto bene e si resero protagonisti di molte azioni eroiche. Di loro il Generale Diaz disse: I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è stato magnifico… Li ho visti andare in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora.” A queste belle parole si aggiungono anche quelle del Poeta soldato Gabriele D’Annunzio espresse in questi termini: La madre vi ravvivava i capelli, accendeva la lampada dei vostri riposi. Eravate ieri fanciulli e ci apparite oggi così grandi.

Tito, aveva il delicato compito di descrivere le varie fasi del combattimento e le posizioni del nemico. Portava con sé a tracolla una cassetta e quando telegrafava doveva cercarsi un riparo sicuro. Un giorno Tito raccontò ai suoi amici mutignanesi che in una delle tante fasi della guerra si trovò coinvolto in un durissimo combattimento per la conquista di una postazione contesa anche dai soldati austriaci. Arrivati sulla sommità della salita si trovarono faccia a faccia col nemico per cui non era più possibile utilizzare il fucile. Fu allora che il Comandante del reparto si vide costretto a impartire l’ordine dell’arma bianca. I soldati vennero infilzati come i contadini durante la trebbiatura infilzavano i covoni di paglia con i forconi. La postazione fu conquistata ma quel ricordo Tito non è mai riuscito a cancellarlo dalla memoria. Ne rimase scioccato per tutta la vita.

Tutti i sopravvissuti di quella guerra ottennero dal governo italiano l’onorificenza e la nomina di “Cavaliere di Vittorio Veneto”, un modesto assegno mensile, una medaglia d’oro e un attestato.

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