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Vico Sciaretta

VICO SCIARETTA

Sciaretta è un tipico cognome meridionale alquanto diffuso in Abruzzo e in Molise. Come mai sia stato prescelto per l’intestazione di questo vicolo non è dato sapere.

Qui abitava Fioravante Orsini che gestiva un’osteria situata al piano terra della sua abitazione.

Annesso all’osteria c’era un campo di bocce cui si accedeva scendendo da una scalinata che conduceva al sottostante orto.

Tutte le osterie erano frequentate esclusivamente da adulti. Ai minorenni, per legge, non era consentito giocare a carte e bere alcool.

Ai giovani, invece, era consentito giocare con le bocce. Ma ciò accadeva raramente perché gli adulti erano gli avventori preferiti dal titolare in quanto consumavano di più.

Nelle rigide giornate d’inverno, quando non si sapeva come passare il tempo, si assisteva alle partite degli adulti dai quali si imparavano le regole, le tattiche, le furbizie, i segnali e i trucchi dei vari giochi.

        Fra i tanti avventori del locale il più carismatico, il più bravo, il più accanito giocatore era un anziano signore di nome Francesco, da tutti chiamato lo zio”. Ad ogni vittoria si esaltava in un modo spropositato.

Francesco passava interi pomeriggi a giocare a carte con gli amici. Era sempre il primo ad arrivare all’appuntamento con il tavolo da gioco e attendeva con ansia l’arrivo dei compagni. Nel caso tardassero cominciava a preoccuparsi. Il gioco per lui era diventato una esigenza irrinunciabile ma lungi dall’essere un vizio.

Un giorno, in una partita a briscola molto combattuta ed equilibrata, si era creata una situazione di sostanziale parità e si era all’ultimo giro. A lui e al suo compagno mancavano due punti. Quando il giocatore avversario che lo precedeva nell’ordine delle giocate scoprì la sua ultima carta, Francesco capì d’aver vinto la partita. Non ci vide più per la soddisfazione e alzandosi in piedi con la sua carta in mano la sbatté sul tavolo con tutta la forza gridando di avere vinto. Poi si accasciò con la testa sul tavolo. Per la troppa gioia il cuore non aveva retto.

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