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Vico Piccolo

VICO PICCOLO

Al contrario di quanto possa sembrare dal nome questo vicolo è addirittura uno dei più grandi se non il più grande.

Rispetto a tutti gli altri è in piano, lungo e spazioso. Uno dei pochi dove si può accedere con la macchina.

All’inizio, sull’angolo destro, c’è una casetta molto graziosa con due stanze e un fondaco a piano terra. Prima che venisse ristrutturata sembrava dovesse cadere da un momento all’altro. Invece è ancora lì nonostante i vari terremoti che si sono succeduti nella zona. Ora con mattoni a vista perfettamente fresati ha una nuova estetica che la rende più pittoresca e graziosa. Ad essa si accede tramite alcuni gradini esterni.

In estate quasi tutte le sere, una signora molto anziana di nome Annarella che abitava in questo vicolo, prima di andare a dormire, si sedeva sui gradini aspettando il fresco della notte. Viveva col figlio sposato e con la cognata.

Annarella, tutta sola su quei gradini, si divertiva a ricordare le vecchie canzoni della sua gioventù.

In una di quelle sere afose, dopo cena, alcuni giovani durante lo struscio serale, su e giù per il paese si fermarono ad ascoltarla mentre canticchiava una bella ma triste canzone d’altri tempi, ai più sconosciuta. L’argomento della canzone era l’emigrazione dei giovani in America, costretti a lasciare le fidanzate sole e desolate ai loro paeselli. La comitiva di passanti ne rimase colpita al punto che la pregarono di ripetere il motivetto. Senza esitare Annarella, molto gentilmente, ricominciò daccapo.

Le parole del ritornello della canzone dicevano:E tutta sta gioventùtutti all’America vaste povere giuvinettedi lutto sadvestì…. La canzone era molto lunga ma si riassumevano nel rammarico delle ragazze ormai sole con i fidanzati oltreoceano per realizzare il loro sogno.

Alla fine della triste canzone, i ragazzi la ringraziarono e le chieserose gradisse qualcosa da bere.

Annarella, timidamente accettò dicendo che non aveva mai bevuto lu purtugall sprisciat (l’arancia spremuta). Così la donna per la prima volta nella sua vita provò il gusto di un’aranciata fresca in una serata afosa d’estate.

In questo vicolo abitava anche Barì, di mestiere banditore.

Dopo la morte del banditore ufficiale del Comune lui svolgeva informalmente questo compito perché questa figura non era più prevista dall’organico del personale comunale. Infatti i Sindaci, per rendere pubbliche le loro decisioni, utilizzavano ormai i manifesti, le gazzette, i bollettini, le bacheche e a volte anche gli altoparlanti collocati sul tetto delle vetture private.

Barì, quindi, lo faceva per puro piacere e perché si sentiva importante anche senza la divisa e i galloni. Stava piantato lì in strada a buttare il bando (così si diceva in forma molto arcaica e dialettale) con voce ferma e stentorea, da solo, davanti a tutti.

A questi banditori ufficiosi facevano ricorso in modo particolare i commercianti ambulanti che avevano l’esigenza di avvisare la popolazione del loro arrivo.

Molti paesi erano sprovvisti di negozi e gli ambulanti sopperivano a questa mancanza portando i prodotti alimentari e altre merci direttamente ai consumatori con i propri mezzi di trasporto. Essi giravano per i paesi avvisando le popolazioni della loro presenza tramite i banditori abusivi.

Così, dotatosi di un corno da caccia e di un vecchio cappello da vigile urbano buttava il bando con il solito ritornello: Popolazione attinzione!In piazza Sant’Antonio si vente li mele, li pere, la rancia, li mandarini, li zucchini, li milanzane e…’

Poi per timore d’aver dimenticato qualcosa chiudeva il bando con le parole: la fruttae la verdura…

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